approccio centrato sulla personaLa natura umana nella teoria rogersiana

19 Aprile 20160

Le ipotesi formulate da Carl Rogers sulla natura umana derivano sia da un lavoro sperimentale di raccolta di osservazioni dalla sua esperienza clinica, sia da un lavoro più soggettivo e intuitivo basato sulla sua esperienza personale. Era, infatti, questa la concezione che Rogers aveva della scienza: uno strumento utile che, attraverso la ricerca e la costruzione di una teoria, permettesse di dare un ordine interno all’esperienza soggettiva significativa (Rogers,1961). Con questa affermazione Rogers mostra quanto sia importante nel fare ricerca il potersi fidare delle proprie esperienze soggettive, le quali saranno, poi, confermate o invalidate da ulteriori sperimentazioni.
Tale fiducia nel proprio mondo fenomenico e nell’ esperienza soggettiva, che ogni individuo vive, permea, non solo quella che fu la ricerca scientifica portata avanti da Rogers, ma anche tutto il suo lavoro come psicoterapeuta. Secondo Rogers, la persona che giunge in terapia, non è un “paziente” che non conosce come risolvere i propri problemi e per questo si rivolge ad un esperto, il terapeuta; bensì egli sostiene che questa sia capace di auto-direzionarsi acquisendo responsabilità nella gestione della propria vita, nel fissare le proprie mete, tenendo in considerazione e imparando a fidarsi della propria dimensione esperienziale.
Questa nuova visione della persona risulta essere tanto più significativa se si considerano le concezioni dell’uomo negli altri paradigmi, quello psicodinamico e quello comportamentista.
Freud vedeva l’individuo in maniera deterministica e pessimistica: l’uomo è per natura una bestia selvaggia guidata dalle forze inconsce dell’eros e del thanatos che premono sin dalla nascita perché vengano soddisfatte. Egli può sopravvivere solo se inibisce queste forze, che sono potenzialmente distruttive, mediante la canalizzazione delle forze inconsce in attività socialmente riconosciute, ciò avviene attraverso il processo di sublimazione e d’identificazione, ovvero l’interiorizzazione dei valori altrui, specialmente quelli dei genitori. Lo scopo del trattamento psicoanalitico è quello di rafforzare l’aspetto conscio e razionale della personalità e in tal modo prendere coscienza e controllo delle forze inconsce cercando di canalizzarle in maniera costruttiva per l’individuo e la società.
Il paradigma comportamentista vedeva la natura dell’uomo come deterministica e meccanicistica: l’ individuo è programmato dal suo ambiente; le sue qualità non sono né buone né cattive, egli nasce con un patrimonio genetico e la possibilità di manipolare l’ambiente per sopravvivere. Qualsiasi tipo di comportamento, sia esso aggressivo o altruistico, non è proprio della natura umana, ma frutto di un apprendimento dato dall’ambiente attraverso rinforzi positivi o negativi. Lo scopo della terapia comportamentale è quello di estinguere apprendimenti e comportamenti disfunzionali e sostituirli con altri funzionali.
La visione di Rogers si discosta da entrambi i paradigmi, accomunandosi ad autori come Maslow, Allport, Goldstein, con i quali darà inizio a quella che verrà chiamata Psicologia Umanistica o terza forza.
Secondo Rogers la natura dell’uomo è positiva, degna di fiducia e razionale nel momento in cui le persone vivono in contatto con questa natura. Ogni individuo ha in sé una forza , una sorgente di energie che mira allo sviluppo di tutte le capacità utili a mantenere, autoregolare e spingere all’autorealizzazione l’organismo, unità inscindibile di psiche e soma. Questa spinta è chiamata tendenza attualizzante; Rogers per spiegare in cosa essa consista pone nei suoi scritti varie analogie: la patata è un tubero che ha in sé, nella sua natura, la tendenza a realizzarsi come pianta; perché ciò accada vi devono essere circostanze favorevoli, come trovarsi in un suolo ricco di sostanze nutritive, con un giusto clima e una giusta temperatura, con dosi di luce solare ed acqua, in modo che la sua crescita venga favorita. Se non vi saranno contrattempi funesti, la patata completerà in pieno la sua tendenza ad essere pianta e così si sarà realizzata. Nel caso in cui la stessa patata, si trovi in circostanze sfavorevoli, come l’essere messa al buio, priva di un terreno fertile, avrà lo stesso la sua tendenza a realizzarsi come pianta, per cui inizierà a germogliare, ma purtroppo non le sarà possibile realizzare appieno questa sua potenzialità.
Sia che si parli di una pianta, di un verme, di una scimmia, o di un uomo, è certo che l’organismo è teso ad assumere comportamenti tesi a mantenere, migliorare e riprodurre se stesso. Questa è la natura propria della vita; questa tendenza è operante in tutti gli organismi sempre, la presenza o meno di questo processo direzionale ci dà la possibilità di dire se un organismo è vivo o morto. Essa può essere contrastata, ma non distrutta senza che si distrugga l’organismo stesso.
Se l’uomo vive in condizioni favorevoli, la sua tendenza attualizzante si rivelerà come un processo continuo, nel quale lo sviluppo di questo potenziale lo condurrà all’autorealizzazione e all’essere sempre più una persona funzionante: libero da doveri morali imposti dall’esterno, costruttivo verso se stesso e gli altri; la tendenza attualizzante implica ‹‹ … uno sviluppo verso la differenziazione di organi e di funzioni, verso l’espansione e l’arricchimento per mezzo della riproduzione. Si tratta di uno sviluppo in direzione dell’autonomia che rifugge cioè dalla eteronomia risultante dalla sottomissione a forze esterne. ›› (Rogers, 1961, tr. it. pag. 290). Ciò significa che la tendenza attualizzante non mira solo a soddisfare i bisogni che Maslow chiama “di deficienza”, ovvero al mantenimento delle condizioni elementari di sopravvivenza, come il bisogno di nutrirsi ecc. Essa è la spinta verso attività più complesse, come la differenziazione crescente degli organi e delle funzioni; la rivalutazione dell’individuo attraverso l’apprendimento intellettuale, sociale e pratico; l’estensione delle sue capacità nella creazione di mezzi e di tecniche; la perpetuazione e l’arricchimento grazie alla riproduzione. L’organismo, quindi, è sempre motivato, sempre intento a qualcosa e come tale è sorgente di energia continua ed inesauribile, se non con la morte dell’organismo stesso.

Monica Cerruti
psicologa psicoterapeuta

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