emozionipsicologia adultiL’ adolescenza: la rabbia del genitore, istruzioni per l’uso

23 Marzo 2018

Ritrovarsi genitori di un ragazzo adolescente è una cosa improvvisa, a cui si arriva spesso impreparati perché ogni figlio è diverso dagli altri, perché siamo portati a dimenticarci della nostra adolescenza, perché non ha mezze misure, è talmente impetuoso, imprevedibile che diventa difficile avere consapevolezza, non solo del mondo emotivo del proprio figlio, ma anche del nostro di genitori.
Dal dolce bambino cresciuto, di cui conoscevamo ogni pregio, difetto, desiderio, ci troviamo di fronte uno sconosciuto, che, in balia delle sue emozioni, ci mette alla prova rispetto ai nostri equilibri, ai nostri punti fermi, al nostro bisogno di avere la situazione sotto controllo. Così facendo ci mette di fronte alle nostre paure e ai nostri limiti, ci obbliga, se vogliamo sopravvivere, a metterci in discussione sia come genitori che come persone, a entrare nel vortice con lui e rivivere questo momento della vita, non più da protagonisti, ma col ruolo di facilitatori, ruolo spesso stretto, faticoso e difficile da interpretare.
Facendo un passo indietro, è importante comprendere perché tutta questa conflittualità.
Durante l’adolescenza ogni ragazzo si trova a doversi definire, sia nel suo aspetto esteriore, ben noto a tutti, sia nelle sue peculiarità caratteriali e nella identità: deve capire chi è, cosa gli piace, cosa non gli piace, cosa vuole, cosa non vuole; e per fare questo ha bisogno di esplorare, sperimentare e sperimentarsi non solo in quelle situazioni conosciute durante tutta l’infanzia, ma oltre, arrivando anche a situazioni al limite, di pericolo, spesso per lui inconsapevole, di sfida e conflitto verso quelle figure adulte vicine, possibili modelli, ma anche possibili antagonisti. Questa dualità che coesiste nella sua ambivalenza porta con sé confusione e smarrimento; le emozioni dell’adolescente sono un sali e scendi, non esistono sfumature, o è nero o è bianco. Nel corso di una giornata, ma anche di un’ora, possono passare dalla felicità alla tristezza, alla rabbia, per poi assestarsi in una momentanea rassegnazione.
La metafora più calzante è una barca in balia delle onde, durante una tempesta, il ruolo del genitore quello del faro ancorato allo scoglio all’inizio del porto. Un ruolo, come si diceva prima, spesso difficile da assumere, perché la rabbia che suscitano questi comportamenti  è molta e può portarci spesso in balia delle stesse onde, piuttosto che ad illuminare la strada verso il porto.
Quindi, la rabbia non è solo quella dei figli adolescenti, ma è anche quella dei genitori, che hanno nostalgia del loro bambino, che si sentono riversare addosso ingratitudine, si sentono sfidati quotidianamente, presi in giro, odiati.
La rabbia, la delusione ci sono perché prima di essere genitori siamo esseri umani, è giusto che ognuno se le riconosca queste emozioni, ne prenda consapevolezza e legittimi il fatto che: “ci sono momenti in cui si può provare tutto questo anche per la cosa più cara che abbiamo al mondo: i nostri figli”.
Da questa presa di coscienza si può iniziare a comprendere il fatto che, in questo momento della vita, siamo comunque indispensabili per i nostri figli; loro hanno bisogno di noi, non gettati nella confusione e nella tempesta insieme a loro, ma sulla terra ferma, come punto di riferimento. Dobbiamo imparare a tollerare, a restare nel conflitto, ad esserci sempre, ad insegnare loro che anche le loro emozioni, come le nostre, hanno il diritto di essere e che questo non distruggerà la nostra relazione; saranno liberi di essere qualcuno diverso da noi, e non per questo sbagliati.
Sarà importante, come genitori, comprendere l’importanza anche dei “No”, di mettere limiti ai comportamenti, soprattutto se ritenuti non tollerabili, pericolosi per la loro vita; perché un figlio adolescente ha bisogno anche di questo: di chiarezza, di confini definiti e invalicabili.
Ci sono, invece, situazioni in cui può sperimentarsi, cercarsi e trovarsi avendoci accanto ad osservarlo, facendo un passo indietro anche quando la voglia sarebbe di sostituirsi a lui nelle decisioni, nelle responsabilità, per non farlo soffrire, perché forse da solo potrebbe non riuscire. Dobbiamo dargli  fiducia che può farcela sia con le parole, ma soprattutto con i fatti e anche quando sbaglierà, pagandone le conseguenze, saremo sempre lì a sostenerlo. Non rinunciamo a questa relazione, mai: è questo che ci chiede un figlio adolescente.

 

Monica Cerruti
Psicologa Psicoterapeuta

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